venerdì 24 settembre 2010

Se la residenza vale più della maturità

Sembra una misura ad Trotam quella che la Lega vuole sostenere nell'ambito della discussione Piano Regionale di Sviluppo: vale più la residenza del voto di maturità nei test di ammissione alle università.
Una sorta di diritto di prelazione per i lombardi nelle università a numero chiuso, a cui aggiungere una parte del programma dedicato al territorio. Immaginiamo un corso di una facoltà umanistica, ad esempio: perché studiare Croce, quando ci sono tanti filosofi lombardi? Meno male che Leonardo (da Vinci!) è passato di qui, altrimenti ce lo saremmo giocati.
La cosa grave è che, in questo Paese ormai sbandato, non ci si rende più nemmeno conto del significato delle parole. Università fa segno a uno spazio libero, dove regna il sapere, senza confini. Con la residenza, sarebbero privilegiati i lombardi e penalizzati quelli di Novara, che magari vanno a studiare a Milano perché lì c'è la qualità. O quelli di Piacenza, che per un pelo (un Po), non sono lombardi. Per non dire dei ragazzi del Sud, che cercano un'occasione di promozione culturale e sociale.
Giusto superare l'esperienza di alcune università sorte in questi anni. E dei corsi di laurea che sono nati per dare respiro a quel localismo asfittico per cui tutto va fatto e consumato sotto casa. Anche lo studio. Anche la ricerca. Ma proprio per questo bisogna rifiutare un meccanismo che discrimina proprio là dove è il caso di promuovere l'universalità.
Se ci comportiamo così verso gli italiani non lombardi, poi, mi chiedo cosa dobbiamo aspettarci delle prossime misure contro gli stranieri. Anche in questo caso, il cortocircuito sarebbe totale, perché il problema dell'Italia non è solo e non è tanto la famigerata "fuga dei cervelli", ma la totale incapacità di attrarre talenti. Impoverendosi, come mai le è accaduto prima.
Il «moglie e buoi dei Paesi tuoi» applicato all’università completa l’offerta di luoghi comuni diventati programma di governo. Ai tempi della globalizzazione è un’idea geniale. Davvero. Nella società della conoscenza, in cui viviamo, anche se facciamo finta che non sia così, lo è ancora di più.
Da ultimo, difendendo i milanesi, non ci si rende conto che Milano è una città che è cresciuta moltissimo grazie a chi veniva da fuori, da lontano. Quei fuori sede a cui la città ha negato qualche servizio (a cominciare dall'alloggio), ma ha dato grandi possibilità. Ottenendo, in cambio, di potersi dotare delle migliori intelligenze del Paese. Certe cose fanno paura. Di più: fanno tristezza.