venerdì 23 maggio 2008

Si chiamava Giovanni

"A questa città per non dimenticare vorrei dire: gli uomini passano, le idee restano, restano le loro tensioni morali, continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini."
Giovanni Falcone
La prima a saltare in aria è la Croma Beige dei tre agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro. Poi l'auto di Giovanni Falcone, al suo fianco la moglie Francesca Morvillo.
Sono le 17.58 del 23 maggio 1992 sull' autostrada A29 nei pressi dello svincolo per Capaci. Li segue poco lontano la Lancia Thema di un privato cittadino e l'esplosione coinvolge poi molte altre auto che si trovano a passare su quel tratto d'autostrada.
Non è un film, è il modo in cui la mafia sedici anni fa ha scelto di uccidere il giudice Giovanni Falcone.
Quella sera alla televisione abbiamo visto le immagini dell’asfalto squarciato per cinquanta metri, gli oleandri anneriti, i rottami delle auto. Il massacro con cui si voleva fermare la lotta alla mafia ci ha strappato per sempre Giovanni Falcone, ma la sua lezione si è fatta, tragicamente, ancora più forte. Ci sono voluti 1.000 chili di tritolo per fermarlo, nascosti in una fossa a un metro dal sottopassaggio autostradale. Il ricordo della strage di Capaci in cui persero la vita anche la moglie del giudice e gli uomini della scorta, è rimasto indelebile nella mente di chi ha partecipato, sebbene da spettatore, a quel tragico momento della storia d'Italia.
V.