venerdì 13 giugno 2008

Quando il Nord è amaro

dal "Corriere della sera" di ieri - di Gian Antonio Stella

Sarebbe ingiusto se i giornali di Bucarest scatenassero una campagna anti-italiana cavalcando la notizia di Verona, dove marito e moglie hanno ammazzato e bruciato un dipendente rumeno per i soldi dell'assicurazione. Tanto più se la collegassero col caso di Ion Cazacu, l'ingegnere rumeno che faceva il muratore a Gallarate e fu bruciato vivo dal datore di lavoro, che aveva venti operai, tutti in nero.
E a maggior ragione se sottolineassero la sproporzione tra lo spazio riservato a questi due delitti brutali e quello assai più vistoso dato alla tragedia di Vanessa Russo, la ragazza uccisa con una ombrellata in un occhio nella metro di Roma da una rumena che ha preso 16 anni di carcere. Quanti l'imprenditore che bruciò Cazacu.
Non si può fare di ogni erba un fascio. Vale per i rumeni, vale per gli italiani.
Lo spaventoso episodio veronese lascia però sgomenti. Anche perché si va ad aggiungere ad altre storie che in questi giorni hanno sfregiato l'immagine del Nord. O meglio: di quel Nord dipinto a volte in tinte pastello come una mitica terra serena, laboriosa, giusta. Esente (o quasi) dalle piaghe morali patite dal resto del Paese, soprattutto dal Mezzogiorno.
E dunque pronto, se solo potesse affrancarsi dal fardello, a spiccare lucente tra i lucenti.
Non è così. Lo dice la selvaggia violenza sessuale commessa alle porte di Milano da un italiano su una bambina immigrata di 13 anni, violenza condannata dai cultori della «tolleranza doppio zero» con voce assai flebile. Lo dicono le inchieste sulle responsabilità di tanti imprenditori settentrionali nel criminale smaltimento di rifiuti tossici nelle discariche campane. Responsabilità respinte con sdegno, dopo il monito di Napolitano, dai guardiani dell'onore padano. Ma precise, accertate, sanzionate.
Lo sfregio più doloroso a quell'immagine del Nord «guida morale del Paese», però, lo stanno facendo le indiscrezioni che emergono dalle indagini sulla «Santa Rita».
Certo, sono anni che certi ospedali sgarrupati del Sud offrono cronache da incubo: sale operatorie senza acqua corrente, topi, zecche, pazienti ammucchiati come nei lazzaretti medievali. Per non dire di scandali della sanità privata siciliana, in larga parte direttamente in mano ai politici, e su tutti quello di «Villa Santa Teresa» (povere sante...) dove la Regione pagava ad esempio la terapia per il tumore al seno 46.480 euro contro i 3.314 del tariffario piemontese. Mai, però, si era scoperta una clinica degli orrori come questa. Che col suo ossessivo obiettivo di fare soldi, soldi, soldi sulla pelle delle persone rischia di infangare irrimediabilmente quel sistema misto pubblico-privato lombardo fino a ieri sventolato come un modello da imitare. Per carità, alla larga dall' auto-flagellazione.
Ma se gli stessi meridionali più accorti trovano insopportabile un certo meridionalismo piagnone, sarebbe un peccato se il legittimo orgoglio di chi crede nelle virtù del nostro Nord cercasse di rimuovere i traumi di questi giorni come si scacciano le mosche fastidiose.
Se è accaduto, vuol dire che poteva accadere. E val la pena di pensarci su.